Orsini: “L’Isis? Solo i popoli possono sconfiggerla”

Come l’ambiguità dell’Occidente alimenta e favorisce Il terrorismo islamico: «L’Isis vive perché chi dovrebbe combatterlo ha deciso che deve continuare a vivere». L’analisi e le difese possibili nell’ultimo saggio di Alessandro Orsini, dentro l’inferno del jihadista della porta accanto.

Orsini: “L’Isis? Solo i popoli possono sconfiggerla”

L’europeo medio non lo sa, ma ogni volta che fa il pieno o si fa uno spinello può finanziare Daesh. L’appassionato d’arte intercetta un’opera trafugata dai deserti di Babilonia, se la porta in salotto e fa il successo del Califfo.
E i governi? Immobilizzati, sfatti da equilibrismi dettati da mille interessi, opacità diffuse, strategie piegate alla tattica, truce realpolitik: combattono nei salotti televisivi e sui giornali. Dagli Usa a quelli europei, la mattina strologano di contrasto al terrore, la sera sanno bene chi importa il petrolio estratto dalle trivelle nere, ma il mercato regola tutto e il business è sacro nelle società cannibali che ci siamo costruiti e che rischiano di crollarci addosso fra attentati nella metro e all’aeroporto, stragi al Bataclan e lo stadio, decapitazioni sul web, statue sbriciolate a martellate, teorie millenaristiche esposte sulla rivista dell’Isis (Dabiq). Come risaputi sono gli arsenali: chi glieli riempie?

Il terrore islamico spiegato al volgo, al portiere del palazzo, il barista sotto casa, il pubblico brado da brodaglia tv narcotizzante: stile piano, divulgativo, efficace, in Isis. I terroristi più fortunati del mondo e tutto ciò che è stato fatto per favorirli, di Alessandro Orsini, Rizzoli, Milano 2016, pp. 270, euro 18,00.

Orsini è un’autorità in materia: vive fra Boston (Center for International Studies for Massachusetts Institute Technology) e Tor Vergata, si alza presto, legge i siti dei giornali in inglese dei Paesi arabi da mane a sera, sa collegare ogni diaframma ontologico che si muove nel deserto. Tanto che proponiamo di far adottare il suo saggio asciutto, incalzante, ricco di spunti nelle scuole della Repubblica.

Emerge senza se e senza ma un fatto: la prima alleata dell’Isis è l’ambiguità: nell’Occidente dei Lumi, che opportunisticamente vuol servire Dio e Mammona, servitore di due padroni, si trasfigura in un archetipo e gioca a favore del Califfo (la sua “fortuna”). Conciliare affari e morale, pace e business, è una forzatura culturale che ci soffia addosso come gelida tramontana. Intanto crescono i “foreign fighters” affascinati dal sangue, circa 30mila, poco meno della metà delle truppe accreditate all’Isis (70mila).
Lo studioso specula su quest’idea portante: l’Isis “creatura” dell’Occidente, che lo osserva con i suoi parametri culturali, lo combatte con soldati in fuga e armi inceppate, eserciti demotivati, nelle accademie e i salotti tv dove grilli parlanti danno fondo a retorica (inclusa la supposta superiorità culturale, che se esiste è quanto meno derubricata a elemento sociologico) da bar sport.

Intanto il Califfato avanza nell’“inferno jihadista” (Obama del Medioriente). Come se gli Usa non fossero protagonisti da decenni anche in quello scenario dove, osserva Orsini, i satrapi impegnati a farsi la guerra baratterebbero volentieri il petrolio per un po’ di sicurezza. Si espande, trova adepti, cresce la “passione jihadista” e i “martiri” che si auto-indottrinano sul web disposti a immolarsi. E ignoriamo quanti sono gli “ammiratori” (Orsini docet) che vivono nelle città europee, incantati anche dall’abilità comunicativa di Al-Baghdadi: le sfilate di pick-up, bandiere nere al vento, decapitazioni live, martellate sulle opere d’arte, ecc... Chiosa Orsini: «L’Isis vive perché chi dovrebbe combatterlo ha deciso che deve continuare a vivere».
Relativizza il cosiddetto Islam moderato (invenzione mediatica, il “sarchiapone” di Walter Chiari), fa un parallelo fra Al-Qaeda (1988) e Isis (2014). I gruppi satelliti che abbandonano l’una per l’altra, spiega l’etimo delle diverse opzioni, gli obiettivi.

Occidente: poche idee, ma confuse

L'Autore fornisce cifre impressionanti (10.000 attentati nel 2013, più 33% due anni fa: 13.500; vittime quasi raddoppiate: da 18.000 a 33.000 nel 2014: Dipartimento di Stato Usa), entra nelle sure del Corano e fruga negli addentellati spirituali dell’Isis, che odorano comunque di strumentalità nella bolgia dantesca di Mesopotamia. Spiega il successo popolare del Califfo, configura uno stato parallelo: la sua macchina amministrativa funziona (acqua luce, salute, servizi, ecc.) e l’unico rischio di collasso è dato dai tributi alti che riscuote per pagare le campagne di terrore. Ci fa entrare nella psicologia dello jihadista, che conosce solo Bene e Male (“mentalità a codice binario”), la banalità del Male diciamo noi profani. L’ossessione della purezza, lo sterminio “strumento di purificazione”.

Stranamente lascia sullo sfondo un’eventuale co-leadership cecena e nonostante le minacce minimizza i rischi per l’Italia, Roma, il Vaticano. Orsini avverte che il fenomeno evolve, si sta radicalizzando e radicando, si chiede come lo combatteranno i competitor per la Casa Bianca: Trump e Rubio (conservatori), Hillary Clinton (democratica): poche idee ma confuse, direbbe il caustico Flaiano, forse più raffazzonate di quelle di Obama col suo “restraint” (contenimento), che vorrebbe delegare ai curdi d’ogni latitudine i sunniti dissidenti: le idee di West Point, dice lo studioso, hanno fatto flop.

Intanto, in Siria, «ogni bomba che Assad fa cadere su un mercato o una scuola» provoca consensi e arruolamenti (immaginiamo i sorrisi compiaciuti dei “purificatori del mondo”) che a più livelli si legge come una forma di neo-nazismo.
Orsini offre ai popoli del mondo (noi altri scudi umani che ci pigiamo nella metro per una pagnotta da 800 euro) un messaggio subliminale: prendete coscienza del pericolo, non vi fidate di governi e capi di Stato, dei partiti, leader politici: incalzateli, responsabilizzatevi.

Anche per questo bisogna procurarsi il saggio, leggerlo d’un fiato: domani nessuno potrà dire non sapevo. Non per il rischio – affatto remoto – di una conversione di massa tipo Otranto 1480 o perché la nostra fede sia superiore, ma perché, al di là del Bene e del Male, deteniamo un bagaglio di valori non relativizzati, che, ereditati dai Lumi (da Locke a Voltaire, Rousseau, ecc.), innervano solide radici nel dialogo, la tolleranza, il rispetto, la coesistenza. Esclude – pur dovendo formattare le Crociate, i colonialismi, le inquisizioni e altre nefandezze – l’eliminazione fisica dell’altro, cui riconosce identità, dignità, libertà: non concessioni di sovrani generosi, ma conquiste del pensiero progressista costate sacrifici e milioni di vite umane. Detta meglio: abbiamo già dato, e per noi il discorso è chiuso.

Francesco Greco