A Leuca “Battiquorum” per il mare e la democrazia

Happening musicale, di dibattito e riflessione a Santa Maria di Leuca, domenica 10 aprile, ore 18,00, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica in vista del referendum popolare del 17 aprile, parlando di sviluppo, trivelle e democrazia.

Musica e parole contro le trivelle

Alessandro Amico. Domenica 10 aprile, nella bellissima cornice di Santa Maria di Leuca, avrà luogo “BattiQuorum – Musica e Parole contro le trivelle”. Organizzata da alcuni studenti, dal Comitato intercomunale “No Trivelle Capo di Leuca” e dal Comitato “No Triv” di Castrignano del Capo, con il sostegno del Comune di Castrignano del Capo e di alcuni commercianti locali, la manifestazione s’inserisce nell’ambito del weekend di mobilitazione nazionale per il Sì al referendum popolare del 17 aprile (“Attivati! - 1000 piazze per il Sì”).
A partire dalle 18,00 si esibiranno due gruppi emergenti, i Freaky Masters e i Green Soul, e il cantautore Mino De Santis. I momenti di spettacolo si alterneranno a quelli di dibattito e riflessione: interverranno il giurista ambientale Mario Tagliaferro, Luigi Russo del “Forum terzo settore” e alcuni rappresentanti dei comitati.
Ad una settimana dall’appuntamento referendario, studenti, artisti e attivisti faranno gioco di squadra con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e indirizzarla al voto.
Il quesito referendario, prodotto da un lungo e travagliato iter istituzionale, è stato ostacolato da molteplici fattori: il tentativo del governo di affossare gli iniziali sei quesiti (riuscendo infine solo ad azzopparli e tagliarne cinque), il silenzio di buona parte del circo mediatico, l’astensionismo della segreteria nazionale del Partito Democratico, la strategia della tensione mediatica dei comitati a sostegno dell’astensione e delle multinazionali del settore oil&gas, il brevissimo periodo concesso per la campagna referendaria, la decisione di non accorpare il referendum alle elezioni amministrative di giugno.
In queste condizioni il Coordinamento Nazionale “No Triv” e le associazioni ambientaliste hanno continuato la loro campagna di sensibilizzazione, spesso finendo per essere tacciati di demagogia e di ingenuità politica, vittime della schiacciante equazione “sviluppo=progresso” di cui ancora si contano i danni, nel Bel Paese.
A questo proposito, basterebbe ricordare quanto scrisse Pasolini, scindendo i due concetti e smascherandone la sostanziale opposizione: «la situazione è questa: un lavoratore vive nella coscienza l’idea di progresso; mentre, contemporaneamente, egli vive, nell’esistenza, l’ideologia consumistica, e di conseguenza, a fortiori, i valori dello sviluppo. Il lavoratore è dunque dissociato. Ma non è il solo ad esserlo».
Ma torniamo al quesito su cui saremo chiamati ad esprimerci, che recita: 
“Volete voi che sia abrogato l'art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: "per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?
In sintesi: si è favorevoli o contrari all’abrogazione della norma che concede tempo illimitato di attività alle piattaforme e ai pozzi già in essere entro le 12 miglia del nostro mare?
Ci sono questioni che è necessario conoscere e altre che è necessario smentire, perché le beghe e le diatribe hanno snaturato il significato della consultazione.
Il settore delle estrazioni marine di idrocarburi vale ogni anno (considerando i dati del 2015) circa il 2,7% del gas e lo 0,9% del petrolio consumati dagli italiani. Non il 10%, né il 20% o il 30%, come numeri e statistiche montate ad arte hanno voluto far credere.
Del resto, non è lo Stato a trivellare i fondali del Mediterraneo, ma le multinazionali che hanno richiesto e ottenuto concessioni. Questo significa che non solo il guadagno in termini di sostentamento energetico è indiretto, ma che l’appalto concesso dallo Stato è quasi gratuito: le royalties che queste pagano allo Stato per l’estrazione di idrocarburi in mare ammontano a circa il 10% per il gas e al 7% per il petrolio. Un regalo, per usare un eufemismo.
Si sostiene che l’ultimo incidente conosciuto dalle nostre acque risalga agli anni Sessanta. Questo è forse sufficiente per rassicurare l’opinione pubblica sul pericolo di inquinamento (che nel “quasi lago” che è il Mediterraneo sarebbe un disastro senza precedenti)?
Il ministero dell’Ambiente ha fornito a “Greenpeace” solo i dati riguardanti 34 piattaforme di quelle presenti nel censimento del Mise. E le altre? Ci ha pensato l’Eni a rispondere: «Non emettono scarichi a mare, né effettuano re-iniezione di acque di produzione in giacimento, pertanto non ci sono piani di monitoraggio prescritti e nessun dato da fornire». Almeno 100 piattaforme non sono quindi interessate dal monitoraggio che la legge e il buon senso richiederebbero di effettuare.
Non desta la nostra preoccupazione (per citare solo gli episodi delle ultime settimane) la fuga di petrolio da un pozzo al largo delle isole Kerkennah in Tunisia e da una condotta della Total nella Loira in Francia?
Prima ancora che pronunciarci in materia di politiche energetiche, siamo chiamati ad esprimerci su una questione di principio: perché concedere regalie a chi ha interessi economici da difendere, se in tutta Europa le concessioni ai privati hanno, in tutti i casi, tempi definiti di attività?
Siamo ancora capaci di indignarci per una ministra costretta alle dimissioni perché intercettata telefonicamente e scoperta in palese conflitto di interessi per via del compagno lobbista del settore petrolifero?
L’invito all’astensione è inqualificabile e inaccettabile. Legittimando l’astensionismo, si legittimano la noncuranza, il lassismo, il permissivismo. La scheda referendaria è il principio della democrazia diretta che prende forma e si fa corpo: il momento referendario è quello che ci consegna un potere decisionale diretto, altrimenti sostituito dal principio della rappresentanza-delega.
Cosa c’è, dunque, al di là del mare, dei suoi abissi e delle trivelle? C’è la democrazia.