Mitika cala il sipario

Al Teatro Romano di Lecce, gran finale il 6 settembre per “Mitika - Teatro e Mito nella contemporaneità”, rassegna del dramma antico organizzata da “Aletheia Teatro” per la direzione artistica di Carla Guido. In scena la compagnia Astragali di Lecce con le “Metamorfosi” da Ovidio, ovvero “Donne che resistono alla violenza degli dei”.
Gran
finale il 6 settembre alle 21, al Teatro Romano di Lecce, per “Mitika - Teatro
e Mito nella contemporaneità”, rassegna del dramma antico alla sua seconda
edizione organizzata da “Aletheia Teatro” per la direzione artistica di Carla
Guido.
In scena,
per chiudere in bellezza un cartellone teatrale di appuntamenti importanti e di
grande successo di pubblico, la compagnia Astragali di Lecce con le
“Metamorfosi” da Ovidio, ovvero
“Donne che resistono alla violenza degli dei”: scrittura e regia di
Fabio Tolledi, sul palco Lenia Gadaleta, Roberta Quarta, Simonetta Rotundo,
Petur Gaidarov, Onur Uysal, Hamado Tiemtorè. Musiche di “Insintesi”.
La storia.
Aracne, fanciulla della Lidia, era famosa per la sua abilità di tessitrice e
ricamatrice e molto orgogliosa della sua bravura. Così un giorno ebbe
l'impudenza di affermare che neanche la dea Minerva, divinità protettrice della tessitura, sarebbe stata in grado
di competere con lei. La dea, travestita da vecchia, tentò così di persuadere
Aracne a scusarsi per la sua impertinenza, ma la giovane non accettò i
consigli, anzi rinnovò la sfida: questa volta la dèa non si tirò indietro. Minerva
tessé una sua vittoria e le vittorie degli dei; Aracne, invece, ricamò sulla
sua tela gli amori e le violenze degli dèi dell’Olimpo nei confronti delle
donne mortali. Questo fatto mandò Minerva su tutte le furie; distrutta la tela,
si avventò contro la sua avversaria colpendola con la spola. Aracne, umiliata
dall’ira divina, tentò di impiccarsi, ma Minerva la sottrasse alla morte
trasformandola in un ragno.
L’esito
della gara è terribile, perché tremenda è la condanna di Aracne per essere
stata arrogante e per aver narrato il segreto degli stupri divini. Il tema
dello spettacolo, dunque, è la potenza degli dei, ma anche la loro tracotanza e
violenza, e – come rovescio della medaglia – la capacità dei mortali di
resistere al volere divino.
«Donne che cantano la vita e incantano il mondo»
«Donne che
raccontano le antiche storie delle Metamorfosi, intrecciando canti, immagini e
miti della nostra più importante tradizione del Mediterraneo. Metamorfosi è
l’immagine che diviene vita», spiega Fabio Tolledi, regista e “dramturg”
dello spettacolo, «il destino del nome
che diviene cosa. Dafne, Eco e Narciso danzano come cose nel loro divenire. Canto della resistenza dell’amore.
Doppio ricucito sulla pelle che diviene nome. Scarto su questo mare comune che
non riconosce nessuno”. Metamorfosi racconta di un dio maschio che viola il
corpo di donne: la storia di Filomela, di Io, di Europa parlano della
resistenza a questa violenza. Noi,
da sempre migranti, intrecciamo questi miti antichi per aprire gli occhi e il
cuore sul tempo presente. Il Mediterraneo è un piccolo mare fatto di tante
culture e intorno a noi cresce il bisogno di ritornare a raccontarci le storie
che per secoli ci hanno donato il senso della vita. Donne che cantano la vita,
che incantano il mondo».
