Un paio di guanti

Il rispetto dell’ambiente non ha bisogno di allarmismi e di proclami, ma solo di gente responsabile del bene comune, che sappia rimboccarsi le maniche e dare il buon esempio.

Poche volte ci capita di prestare attenzione a quello che ci circonda, e in quelle occasioni non riusciamo a cogliere la nota stonata che vi è nel contesto; altre volte notiamo le criticità o le irregolarità, ma ce la caviamo con un secco e accomodante “non è affar mio”. È questo il presupposto perché l’ignoranza delle persone porti al decadimento di un paese e dell’ambiente che lo circonda, degradando il territorio a tal punto da vanificare ogni sforzo o promozione in ambito turistico e addirittura disagi e malumori da parte degli stessi residenti. 
Non bisogna andare molto lontano per assistere a indegni spettacoli del menefreghismo, basterebbe anche solo una breve passeggiata per le strade di Tricase, o in altri paesi della provincia, per notare che ci sono più crateri nell’asfalto che sul suolo lunare, rendendo il transito di qualsiasi mezzo, soprattutto quello delle biciclette (il cui uso si cerca di incentivare, con il bike sharing...), un vero e proprio giro sulle montagne russe.
Se lo sguardo si porta poi nelle periferie, soprattutto nelle strade che portano alle marine, riusciremmo facilmente a individuare anche, ai margini delle strade, una bordura ininterrotta di bottiglie, cartacce, buste della spazzatura sventrate dagli animali, frutto vergognoso della mancanza di rispetto e dell’inciviltà, nonostante la presenza di un monumento naturale di straordinaria bellezza quale la quercia Vallonea, che meriterebbe di essere incastonata in un diverso palcoscenico.
Il ruolo del cittadino consiste proprio nel preservare e curare questi ambienti. Molto spesso siamo i primi a lamentarci per un problema (a volte una vera e propria emergenza), che nella maggior parte dei casi nasce dalle nostre stesse mani. Dovremmo solamente pensare che ogni ferita inferta al territorio in un modo o nell’altro si ritorce contro di noi. 

Viene spontaneo pensare alla “Terra dei fuochi”, una lingua di terra martoriata tra Napoli e Caserta, dove nel corso degli anni sono state “tombate” tonnellate di scorie tossiche, in genere scarti delle grandi industrie, e che oggi assiste atterrita all’aumento esponenziale dei tumori e delle malformazioni congenite nella sua popolazione più giovane, per non parlare degli effetti devastanti sull’agricoltura e sull’ambiente.
Anche diverse località del Salento si stanno rivelando vittime dell’inquinamento ambientale, un allarme diffuso e generico echeggia dalle campagne al mare, ma se nessuno nel suo piccolo ha la forza di compiere il primo passo, cioè dare il buon esempio, non si può pretendere che la mentalità cambi, per magia, da un momento all’altro. E con la mentalità, i comportamenti devianti, riprovevoli, ma in fin dei conti tollerati.

Non bisogna avere grandi doti o particolari abilità per compiere il proprio dovere, basterebbe solo un po’ di forza di volontà; nel momento in cui ci troviamo un rifiuto tra le mani e con la necessità di buttarlo, nulla ci vieta di tenerlo per qualche chilometro in più; per quanto possa essere distante il cassonetto, non abbiamo il diritto di abbandonarlo per terra, sarebbe come entrare in casa propria e svuotare allegramente le buste di immondizia in camera da letto o in salotto; non bisogna adagiarsi sul leitmotiv “tanto poi c’è chi pulisce”, siamo artefici della società e del vivere “insieme”, come chiunque altro.
Basterebbe armarsi anche solo di un paio di guanti e di un sacco della spazzatura per fare la differenza, bisognerebbe chiedere a noi stessi un salto di qualità, ma finché non ci sporcheremo le mani e continueremo a tenerle occupate per scrivere i nostri malumori sui social non cambierà mai nulla. Un fiume di parole, che non saranno mai virali, e con le quali ci intossicheremo di più la vita.

Luigi RUBERTO

© Giuseppe Stampacchia Press 2016
Tricase